lunedì 30 agosto 2010

PE 2010: la prima volta non si scorda mai

Ed eccomi qui, appena tornato da questa “cinque giorni” in PE. Imprevista. Perchè dopo il weekend di inizio agosto passato lassù ero convinto che "per questa estate non torno, devo lavorare sulla tesi" e invece...
Invece mi ritrovo dieci giorni più tardi a riflettere che mi era bastato un fine settimana, meno di 24 ore, per capire che in quel luogo ci stavo bene, mi ci sentivo a casa e mi sentivo accettato. Non dalle persone, non solo, ma da ogni sasso, da ogni arbusto, da ogni buco...
E così, quando Anna mi ha informato che se volevo un passaggio lei era disponibile, ho cominciato a saltellare per la gioia: per quest'estate non avevo ancora finito con i PE!!!
Il giorno dopo sono a Padova.
Convincere Anna, tornata da appena dodici ore dopo una punta di 5 giorni, a partire il pomeriggio stesso mi costa solo una birra e qualche sigaretta: alle 21 siamo al Boz, con il cielo cupo di nuvole e il rifornimento a base di panino special (pastin, cipolla e formaggio) è indispensabile per affrontare sereni la marcia forzata che ci attende.
A mezzanotte siamo in casera, dove Jean, Jonny e il Cicca ci aspettano. In dono portiamo una bottiglia di buon vino friulano, ed in cambio otteniamo un ottimo minestrone seguito da un impegnativa porzione di “Ammazzamario”.
Mentre mangiamo si fanno i programmi per l'indomani, ma ascolto solo da un orecchio: comincio a sentire la stanchezza della giornata ed il sacco a pelo mi pare un ottimo posto dove passare le successive ore... e poi a me basta essere lì, qualsiasi cosa arriverà, andrà comunque bene......

In mattinata ci organizziamo: in programma abbiamo di arrivare fino al Pian di Cimia, sistemarci per la notte e partire alla ricerca di una grotta/bivacco permanente, da utilizzare come base per le future esplorazioni nella zona.
Cominciamo ad ammassare i beni di prima necessità: 2 litri di vino (poi saggiamente fatti diventare 3), mezzo litro di grappa e tabacco. Poi vengono, come ordine di importanza, viveri e attrezzature varie.
Stipiamo tutto negli zaini, ma prima di partire è d'obbligo uno spuntino a base di soppressa e vino Perla. Alle 12 ci avviamo verso la nostra destinazione, distante 3 ore di tranquillo cammino. Arrivati al Passo, il tempo, indeciso fino a quel momento, fa la sua scelta, e comincia a piovere. Un paio di sigarette al riparo sotto la cerata e arriva la tregua; si riprende il cammino sulle rocce e sull'erba che, causa acqua, sono diventate da “leggermente scivolose” a “bastardamente infingarde”... In ogni caso giungiamo alla piana dove, neanche il tempo di montare le tende, e la tregua finisce: passiamo tre ore ammassati sotto il telone, tirato alla menopeggio, assieme agli zaini, pasteggiando, bevendo, fumando e delirando. La scomodità non riesce però a scalfire il buonumore, né il mio né quello degli altri: saranno sicuramente delle ottime giornate!
Sono le 18 quando all'improvviso la pioggia smette, il cielo su di noi si libera e sopra Belluno, in fondo alla valle, si disegna un magnifico arcobaleno: non è una tregua, questa è la fine delle ostilità!
L'ora però è ormai tarda, per cui una volta montate le tende ci attrezziamo per la cena e poi, dopo la giusta quantità di festeggiamenti, andiamo a letto.
...Il bilancio della prima giornata è terribile: ci resta un solo litro di vino, un quarto di grappa e meno di quaranta cartine per quattro persone (il Cicca è tabacco-indipendente)! La pioggia ha scombinato i piani e ora tutto è più difficile...

La notte è pessima: tra Jonny che russa, il fondo della tenda che assomiglia alle gradinate dell'Euganeo, e l'umidità imperante (visto che da bravo campeggiatore dilettante, degno delle peggiori Giovani Marmotte, non ho considerato necessario il dormibene), non chiudo occhio... e nonostante ciò rimango ancora ottusamente convinto di trovarmi nel posto giusto al momento giusto!
In ogni caso la sveglia delle 5 per vedere la più bella alba che potessi immaginare, è una liberazione...
Spettacolo di luci, colazione e siamo pronti per partire alla ricerca del grottone/rifugio. Basta poco per trovare uno spazio adatto a fare da magazzino: è sufficiente. La scoperta di quello che l'indomani verrà battezzato il “Magazzino dei Cardi” ci permette di dedicare il resto della mattinata al bellissimo sport che è l'avanzata tra i mughi, alla ricerca di qualche altro buchetto vicino al già da poco noto abisso Bluet.
Mentre porcono giulivamente tra gli arbusti a poca distanza da Jonny, notiamo due fori interessanti. Essendo io il più vicino dei due ho l'onore di affacciarmici: il primo ha come biglietto da visita un pozzetto da 3 metri, forse disarrampicabile in libera da qualcuno, ma non certo da me; il secondo ha invece un pozzo un pochino più lungo, circa 5-6 metri... Nel dubbio uso il profondimetro......... Ok, non era per nulla necessario ma intanto non si sa mai, e poi era da troppo tempo che sognavo di lanciare un masso dentro un pozzo e contare...

A pranzo si decide che l'attività in esterna è sufficiente e quindi il pomeriggio si va a continuare l'esplorazione dell'abisso Bluet. Ci sono 3 attrezzature per 4 persone, ma Anna si chiama fuori: saremo Jonny, Jean e io... Non sto più nella pelle! A meno di quattro mesi dalla fine del corso ho l'opportunità di sperimentare di persona quelle sensazioni finora solo lette sui libri di Cesco Sauro, Gobetti, Casteret e Bertarelli, e ascoltate dalle parole dei “vecchi” e navigati punteros: quel misto di eccitazione e timore per ciò a cui stai andando incontro, ovvero un luogo forse vasto, forse piccolo, facile oppure difficile da superare, in poche parole ignoto... e nessuno può dirti cosa troverai, perchè nessuno c'è mai stato. Puoi solo chiedere <> e sperare che Buio ti accolga e non ti cacci per averlo ferito col tuo led ed averlo disturbato con la tua voce ed i tuoi passi...
Quando finalmente i preparativi sono ultimati, io sono inquieto... Ma porco cane! Dopo due giorni di ingiustificato ottimismo, proprio sul più bello mi viene la tremarella?!? Ovviamente comincio lo stesso la discesa, ed al primo frazio, con Jean Pierre che mi guarda dall'alto, mi vergogno per come lo affronto: mi sono incasinato di meno alla prima uscita del corso!!! Il corpo si rifiuta di rispondere alla testa che, da parte sua, è completamente nel pallone senza motivo apparente... ma in qualche modo arrivo in fondo al pozzo, dopo una discesa orribile dal punto di vista mentale oltre che stilistico.
Mentre Jonathan arma avanti, scende anche Jean e con lui comincio a guardarmi finalmente un po' intorno... ed ogni passo è un brutto pensiero che se ne va, mi faccio assorbire dalla grotta, saltello da sasso a sasso e infilo la testa in ogni buchetto, come un bambino curioso alle prese con un nuovo balocco, e ad un tratto capisco che la mia inquietudine era dovuta alla paura di non essere all'altezza, di rallentare il “lavoro dei grandi”, di non riuscire a tornare fuori da solo... A all'improvviso tutto ciò non c'è più: i miei compagni di avventura, mi accorgo, sono lì per giocare e, se possibile, portare a casa qualche metro illuminato in più, e la grotta sembra che oggi voglia stare al gioco: il divertimento può cominciare, e a me è tornato l'entusiasmo che mi ha accompagnato fin da quando sono salito in treno alla volta di Padova! Fa freddo, tira aria, siamo stesi nel fango a scavare con le mani per poi fermarci di nuovo pochi metri più avanti ed aspettare di nuovo, magari in posizioni ancora peggiori, tremo e ho fame... ma in realtà non mi importa, sento il respiro della grotta, ne sono immerso, e mi sorprendo a scoprire che va all'unisono col mio.
Avanziamo, se chiude ci giriamo e torniamo indietro, arrampico senza la minima apprensione pareti che fino al giorno prima avrei definito per me impossibili senza troppe riserve... <>. Mi va, vado e va anche il cunicolo: ora sto urlando agli altri che <>. E continua...
E imparo l'ennesima cosa: l'emozione non è l'essere il primo, l'emozione è vedere che c'è ancora da fare, che il gioco continua, non è finito! In fondo alla galleria passa avanti Jonny, io mi sento soddisfatto... è più o meno la stessa sensazione di quando si va per la prima volta in bici senza rotelle, o a nuotare senza braccioli: non puoi dire di essere autonomo, non ancora, ma ti rendi conto che sei un passetto più vicino a farcela.
... Galleria delle Fantine, sala del Castellino, galleria delle Ciocchette, galleria dello Scherno... e quando sembra di essere arrivati in fondo, basta spostare due sassi e si parte di nuovo, attraverso il Serpente Arcobaleno...
Sono le 20, abbiamo guardato, risolto alcuni interrogativi e ce ne siamo posti altri... e ora comincia a farsi sentire la mia poca esperienza: di colpo mi accorgo che ogni passo è sempre più incerto e pesante, i passaggi più semplici richiedono molta, troppa attenzione...: in poche parole sono cotto.
L'ascesa verso il Cielo è un Inferno, sono veramente lento, ma nonostante questo non mi sento un peso per gli altri: le magie dell'avere una buona compagnia!!!
Arrivo fuori esausto, barcollante tra i mughi, sotto un cielo ormai buio e nuvoloso: tra dolore e fatica, soffrente come un cane, per la testa, che è ormai da tempo alla deriva, nuotano solo pensieri masochistici sul volerlo rifare il prima possibile...

... Poi i ricordi si confondono... La camminata fino al bivacco con i crampi allo stomaco per la fame, un pasto veloce innaffiato con il vino rosso saccheggiato in Isabella da un'eroica Anna (<>... rischio scongiurato!) e il mai così amato sacco a pelo, nella tenda messa in discesa, ancor più scomodo della sera prima: non ho mai dormito così bene...

Il giorno dopo si torna in casera, anche perchè il vino e la grappa sono finiti, così come il tabacco, e quindi siamo seriamente a rischio di instabilità mentale. Nonostante le nuvole non ci sfiora neanche una goccia.
La sera festeggiamo con minestrone, patate, zucchine e cardi. E vino, naturalmente! È l'apoteosi!

Giovedì 19, si torna a Padova dopo le fermate obbligate al Boz, per mangiare e bere, nel bar più a valle, per fumare e bere, e a Pedavena (che tanto eravamo di strada), perchè avevamo sete.
Ed ora sono qui, appena tornato da questa “cinque giorni” in PE. Imprevista, ma che prevedibilmente non sarà l'ultima...


Guasto

Abisso Bluet

JP

Jonny


Alba da Cimia

lunedì 23 agosto 2010

CLAC in festa!



Vi invitiamo a questa iniziativa nata per festeggiare i 35 anni dalla fondazione della Comunità per le Libere Attività Culturali, di cui il Gruppo Speleologico Padovano fa parte.

Il Gruppo Speleologico Padovano partecipa all'evento con le seguenti attività:

  • Tutti i giorni: Mostra fotografica dell'Associazione La Venta; mostra del Gruppo Speleologico Padovano su cartografia e rilievo.
  • Sabato ore 22.00: Proiezione del film L'abisso, di Alessandro Anderloni, soggetto di Francesco Sauro.
  • Domenica ore 21.00: documentario da definire
  • Sabato e domenica, ore 16.00: Visite guidate nelle Mura di Padova (in collaborazione con il Comitato Mura di Padova

Vi aspettiamo il 27, 28 e 29 agosto 2010 nel Parco dell'Ex Macello di Via Cornaro 1 B, a Padova.

L'iniziativa è aperta a tutta la cittadinanza, con INGRESSO LIBERO E GRATUITO

Altre info su: http://www.clacpd.org/

giovedì 19 agosto 2010

Verso Cimia

Esplorare significa percorrere un territorio, imparare a conoscerlo passo dopo passo, capirne i capricci, le stranezze, il carattere... e infine sapersi far guidare da quell'istinto che non nasce da noi, ma dalla nostra unione con quell'ambiente, da una sorta di interazione energetica che fa in modo che già "sappiamo" ancora prima di voltare l'angolo e scoprire cosa ci sia oltre.

Conoscere le viscere di un massiccio carsico è un'operazione intellettuale che richiede anni di fatiche, di sogni, di smentite e di sorprese. E più quel labirinto diventa grande, più ci si ritrova persi e ci si rende conto che il vero obbiettivo non è trovarne l'uscita, ma costruire una geometria, una sorta di mandala gigantesco che sgorga dalla nostra mente e si materializza in un luogo.
Quest'anno il labirinto ci ha portato verso Cimia. Questo posto, una specie di terrazzo sospeso sopra i versanti della Val Falcina, rappresenta per me ancora qualcosa di misterioso e ammaliante. Lontano da qualsiasi punto di appoggio, raggiungibile solo attraverso sentieri ripidissimi. Lontano da tutto. Ma così vicino a quell'idea del sistema che ci stiamo costruendo nella nostra testa da renderla reale.
È stata senz'altro la più bella avventura di questo campo estivo 2010. Decisi fino alla testardaggine a partire, in tre uomini e una quota rosa, più il Mauretto di ritorno da Isabella che non poteva esimersi di fermarsi a farci compagnia.
Poteva non esserci nulla, ma le vene del sistema erano ormai così scoperte che non poteva esimersi da rilassarsi un po' e lasciarci esplorare.
Ne è bastato uno di buco, uno dei sicuramente tanti pozzi che la mughera, sorta di selva dantesca della perdizione, custodisce tra i suoi tentacoli. Grotta bellissima che abbiamo la fortuna di scendere io e Jonny, mentre Mauretto e la Greta si cimentano in improbabili equilibrismi sul mugo alla ricerca di altre entrare all'epica frase di "Ok, ora andiamo!".
Subito non ci credevamo, ma il grande pozzo continuava a scendere con una candida lingua di neve e ghiaccio e ci inghiottiva in gallerie tracheali dai pavimenti ghiacciati. Avrà avuto il mal di gola la signora? E noi stavamo lì a fargli il solletico fumandoci una meravigliosa sigaretta nel cuore di una condotta freatica di 5 metri di diametro. È stata davvero una delle esplorazioni più entusiasmanti che io abbia fatto, sarà perché sembrava tutto così incredibile ma in fondo così lineare e ovvio considerando il resto del sistema che si diramava tentacolare sotto i nostri piedi.

Ora non mi preoccupa quale sarà il futuro dell'Abisso Bluet, il suo passato è già scritto e a noi basta sognare abbastanza per ripercorrerlo fino a riperderci nuovamente nel labirinto a disegnare nuovi percorsi. E poi ci si è aperta la porta del Walalla quando quell'incredibile arcobaleno si è stagliato dalla Gusela al Pizzocco, dopo ore di canti assurdi ad aspettare sotto i faggi grondanti pioggia il ritorno del sereno...

Cesco

Verso Cimia

Cimia

Mauro e il Chulasco



Mauro e l'abitante del Chulasco


Abisso bluet

Bluet un po' fradici e con facce poco intelligenti... vedi Jonny.

martedì 3 agosto 2010

Buona la prima!


Finalmente ci siamo! La mattinata è fantastica: aria frizzante, sole, cielo terso. All’orizzonte i monti si stagliano nitidi, quasi ritagliati su uno sfondo di carta azzurra. La statale sembra filare dritta dritta nel loro cuore, a cercare un po’ di umido e di buio. Penso a quanti vuoti sono rinchiusi sotto al loro mantello verde, a quanti segreti siano intrappolati tra i loro scheletri di pietra.
La strada mi sembra un elastico, prima si tende agganciata ancora ai pensieri di ogni giorno: Michela, i piccoli, la casa, poi mi lancia via verso il buio dei Piani Eterni, verso i loro segreti.
Così mi trovo con Cesco a casa di Marco e Marta e dopo due chiacchiere e un caffè ci dirigiamo al caoron per posizionare la sonda per il sospirato tracciamento, il lavoro ci porta via qualche ora e poi rientriamo al Boz dove becchiamo anche Simone. Solita birra e panino con pastin e … arrivano gli altri in discesa dalla casera, così ci “tocca” un’ultima birra e poi via davvero!
Poi è strada forestale, porzil, casera, pasta, materiali da preparare, sacchi, corde, zaini: rituali ripetuti e ormai consolidati nel tempo.
E alla mattina finalmente è PE10! Basta poco per riprendere confidenza con la grotta, con il suo profumo, col suo respiro, percorrendo luoghi ormai familiari, frazionamenti, passaggi, punti di sosta: un viaggio come sempre, un ritorno a casa, alla Locanda!
E qui si intrecciano speranze, sogni, fatica, nel tentativo di percorrere più strada possibile all’interno della montagna, provando a seguirne il respiro.
Provo a mettere in fila qualcosa di quello che abbiamo fatto:
Il pozzo vuvuzela che ci spara quasi 100 m più sotto dei Bimbi Sperduti, fino a sfiorare i -900, nella speranza di beccare il fantomatico collettore, ma qui l’acqua si prende gioco di noi, chiamandoci da oltre un passaggio impraticabile e facendoci solamente immaginare la via che lei ha scavato nei secoli. Ci riproveremo però, scendendo uno degli altri pozzi lasciati in sospeso!
Il laminatoio TDC che ci fa quasi tirare un sospiro di sollievo quando ci rendiamo conto che chiude: non so chi sarebbe sceso con il materiale per armare un pozzo lì sotto!
Le enormi gallerie di Magor tormentate da faglie, frane, crolli, che sembrano volerci dire che di lì non si passa, che lì solamente il respiro della grotta può permettersi di fare ciò che vuole.
E poi le forre di Moby Dick, altro luogo splendido, dove camini alti anche più di 40 m portano dentro l’acqua dalle creste di Cimia, dove c’è ancora moltissimo da esplorare, sperando di sbucare prima o poi fuori da qualche parte.
Ma è già venerdì ed è ormai ora di timbrare il cartellino per la fine punta e di pensare alla strada che ci separa dall’esterno. Ancora sabbia, sacchi, fango, meandri, acqua, pozzi, e poi la luce che illumina la neve alla base del pozzo d’ingresso: c’è ancora il sole! Un sorso magico di birra e c’è perfino il tempo per scaldarsi con gli ultimi raggi. Un tramonto spettacolare ci accoglie allo spartiacque. Il tempo di telefonare e poi ancora mughi e finalmente casera, minestrone, vino, chiacchiere, grappa.
Anche il rientro a valle è salutato da una giornata eccezionale, tra i preparativi di chi scende e di chi si prepara per la punta in Isabella. Un ultimo sguardo alla piana di Erera e ai Piani Eterni dal porzil e poi giù. Faccio fatica a dirigere il furgone verso Feltre e verso la pianura, mi fermo fuori della valle a guardare ancora una volta su e provo a immaginare l’acqua che scorre dentro alla montagna e penso a quei puntini di luce quasi invisibili che si muovono dentro a una ragnatela di gallerie e pozzi, penso che mai si potrà nemmeno immaginare di esplorarla che rimarrà per sempre solamente regno incontrastato dell’acqua e del buio e sicuramente è giusto che sia così.

Non male come prima punta del campo! quasi 900 m. di rilievo, due nuovi fondi a -870 (pozzo vuvuzela) e -840 (TDC), raggiunto il limite esplorativo a monte di Magor, rilevato ed esplorato tre forre nella zona di Moby Dick (Achab, Pequod, Ismael).
Grazie a Cesco, Mauro, Simone e Omar(vv) che hanno condiviso quest’avventura e naturalmente a Michela che riuscita a sopravvivere alle tre pesti!


Ciccio


Altre foto e racconti su: http://labisso.blogspot.com/2010/08/eterni-piani-eterni.html