venerdì 28 novembre 2008

...di quella volta che poteva costarmi cara...


Giovedì, ore 11:00. Località Fosse (Verona), imbocco del sentiero E7 per il Corno D’Aquilio, poco prima del ponticello e quasi in prossimità con il cartello informativo del Parco della Lessinia.
La giornata è fantastica, ho il panorama di dolci declivi innevati sulla destra, la stessa mulattiera che sto percorrendo è coperta di neve così come il bosco sulla sinistra, il cielo non è proprio di quel blu elettrico che mi piace ma è comunque privo di nuvole, il sole è caldo. Osservo un trattore inerpicarsi su una collinetta più in basso, magari trovar lavoro in qualche malga...Noto ancora la neve: è soffice e piacevole ma non è alta e questo mi fa contento perché non devo indossare le ciaspe e manco le ghette. Vabbè, conosco anche alcune persone per cui tutti i vestiti sono un inutile impiccio...Purtroppo il momento di distrazione dura un attimo, un pensiero fisso stritola la mia mente, un angosciante interrogativo mi attanaglia. Ho bisogno di una risposta. Subito. Mi domando anche come ciò fosse potuto accadere e perché avevo represso quell’avvenimento il cui ricordo era affiorato solo la sera prima. Tutte considerazione inutili. Devo solamente intraprendere l’E7, non c’è tempo da perdere. Il sentiero è tracciato. Altre persone sono già salite. E dire che quattro giorni prima all’ingresso della Spluga della Preta, in cima al Corno d’Aquilio eravamo Francesco, Andrea, i Giuli e il sottoscritto. Eravamo tutti pronti e vogliosi di un bel fine settimana in grotta, e che grotta! Ero pure sceso dalla macchina abbastanza vispo, non sentivo tanto freddo e stavo trovando quel po’ di concentrazione necessaria per affrontare l’abisso. Lo stesso potevo notare nei miei compagni: sebbene dovevamo aspettare non poco perché il Soccorso finisse la sua esercitazione, cominciammo subito a sistemare e suddividere il materiale nei sacchi. Tutti piccoli gesti di riordino che aiutavano ad essere attivi e ad avere il controllo dell’ambiente circostante. Purtroppo dopo qualche ora la situazione era cambiata: l’influenza faceva ormai apparire Francesco un senza fissa dimora e il resto della ciurma dopo alcuni sproloqui sui più disparati argomenti s’era ormai persa la concentrazione per strada (c’è pure da dire che Andrea la notte prima aveva fatto solo un’ora di sonno). Fatto sta che saggiamente decidemmo di abortire la missione e dirigersi verso altra cavità meno impegnativa e a più bassa quota. Lo scazzo era però tale che abbandonammo anche il secondo obiettivo, almeno per quel giorno. Il difficile fu comunicarlo a Giulia, l’unica donna del gruppo e forse la sola la cui volontà e voglia di entrare in una qualsiasi grotta non era stata intaccata. S’era allontanata un momento e inconsciamente ma anche subdolamente ne approfittammo per mettere ai voti la cosa e rinunciare. L’indomani però tornammo (la cavità alla fine vince) e con più rinnovato spirito ci inerpicammo e imbucammo nel pertugio. Dopo vari strisciamenti, divertenti arrampicatine e risalitine anche questa grotta ci porgeva il suo saluto ma tale fu la soddisfazione che questo fine settimana pensavamo di tornarci e più numerosi. E fu così che domenica notte, rientrato a casa, pensavo di aver concluso quel weekend. E lo pensai pure nei giorni successivi. Mi sbagliavo. L’incognita mi aspettava dietro l’angolo. Una variabile non prevista. Una variabile alquanto fastidiosa. E infatti eccomi qui ancora in direzione Corno d’Aquilio, alle 11, con la neve, a piedi. Sono scarico e salgo abbastanza veloce. Di tanto in tanto mi fermo ad osservare le impronte degli ungulati, ma sono solo momenti, il pensiero martella sempre lì. Finalmente scavallo il bosco e giungo nei pascoli antistanti le malghe. Aumento il passo, il respiro si fa più intenso, rischio di scivolare, a qualche decina di metri la resa dei conti! Ci siamo! Posso vedere la torre e ora anche il recinto che circonda la dolina della Spluga. Combatto con il riverbero del sole. Non posso crederci! Mi fermo per guardar bene e non essere ingannato da giochi d’ombra. Non c’è dubbio è lei!! Una matassa di corda da 9mm da 200metri e 10 moschi!! Sono lì! Esattamente dove li avevo lasciati quattro giorni fa! 380euro di corda e forse 70-80euro di moschi!! Ancora lì!! All’esterno del recinto!! Sono contentissimo!! Mi avvicino e posso toccarli con mano. Quattro giorni fa avevo ecceduto nell’impeto del riordino: appropriatomi della matassa e non notato dai miei compagni, l’avevo trasportata e depositata accanto al recinto in pietra, pronta per l’armo! Là era rimasta quando caricato il resto del materiale ce ne andammo a quota inferiore. Passai un sabato notte tranquillo e pure la domenica, il lunedì e il martedì successivo. Solo il mercoledì sera, grazie alla scheda di scarico del magazzino notai il prelievo e ricordai...

Mauro

martedì 18 novembre 2008

Corso d'armo giessepì: L' Istruttore


nella foto: un baldo istruttore mostra con quale cura vadano correttamente trattati i materiali


Un buon istruttore dovrebbe conoscere a menadito tutti i nodi…
Un buon istruttore dovrebbe saper armare senza esitazione in tutti gli scenari possibili…
Un buon istruttore dovrebbe saper spiegare con chiarezza come attrezzare una grotta…
Un buon istruttore dovrebbe riuscire a conoscere le lacune dei propri allievi ed aiutarli a migliorare…
Un buon istruttore dovrebbe essere esperto di autosoccorso…

Un buon istruttore, per poter diffondere la sua sovraumana conoscenza, dovrebbe soprattutto riuscire a portare i suoi allievi in grotta, e per fare ciò non guasterebbe ricordarsi dove cavolo sia l’ingresso della suddetta.

Un milione di scuse a Giulia e Francesco per le quasi due ore passate a cercare l’ingresso maledetto.

A

venerdì 14 novembre 2008

Dust my Broom

Ieri sera ci siamo trovati a casa nostra con Francesco a sistemare un po’ il rilievo dei Piani Eterni, a collegare poligonali e disegni all’ormai monumentale puzzle delle gallerie nuove:…tra i gormiti di Alvise, che voleva vedere il disegno della grotta che era dentro a quel misterioso tubo e il ciuccio di latte di Mauro, che non voleva dormire…alla fine qualcosa abbiamo combinato.
Poi, davanti a una birra abbiamo iniziato a chiacchierare di grotte, di esplorazione, dei mille progetti di Francesco, di zone inesplorate, io e Michela rapiti ad ascoltare…e sognare...
e stamattina si riparte: sveglia, colazione, cambiare i piccoli, portarli all’asilo, e poi il lavoro, ma i sogni restano lì, nascosti da qualche parte, magari impigliati tra i capelli … e a volte basta un niente per farli saltare fuori.

If your heart is restless and you can't go on
When you're tired and weary, but you can't go on
Well a distant dream is a callin' you
Then there's just one thing that you can do

Yeah, you gotta follow that dream wherever that dream may lead you
You gotta follow that dream wherever that dream may lead
(Bruce Springsteen – Follow that dream)



DUST MY BROOM
L’inconfondibile riff di chitarra del vecchio Elmore si è intrufolato nelle mie orecchie e ha iniziato a scavare nelle pieghe del mio cervello, sta snidando i pensieri umidi di grotta che stanno riposando oziosi: li tira per i capelli, gli fa il solletico sotto le ascelle, li punzecchia sotto le piante dei piedi.
Fuori il serpentone di auto procede lentamente e si unisce ad un fiume ancora più grande regolato da fuochi rossi e verdi. Più su un cielo grigio di nuvole e vento porta il profumo delle montagne, trasporta vapore acqueo che conserva la memoria del suo lunghissimo viaggio. È bello pensare che abbia viaggiato nel cuore della terra, faticando tra meandri e gallerie, prima di lasciarsi trasportare delle onde del mare, e poi, ancora più leggero, dal vento. È bello pensare che abbia conservato il sapore del buio delle grotte e lo custodisca gelosamente nella sua memoria liquida.
È proprio quel sapore inconfondibile che quella chitarra elettrica sta facendo uscire dal mio cervello per riportarlo alla mia gola. Non so perché ma questo blues nero e sporco come i sottopassaggi della sopraelevata di Chicago, richiama oggi più di ogni altra cosa, una delle cose che più amo: l’odore e il sapore del buio.
Un blues nato in città, cresciuto tra palazzi, spazzatura, urla e grida di uomini e di donne, tra rabbia e povertà, inchiodato sui muri di legno delle baracche col tetto di cartone, apparentemente distante anni luce dal mondo incontaminato delle più remote profondità della terra.
Eppure sto sognando di scendere giù, ripercorrendo una strada che ormai ricordo in ogni passaggio, una via conosciuta ma sempre nuova, fin lì dove ci siamo fermati l’ultima volta, fino a dove la realtà diventa sogno e dove il sogno è diventato realtà. Dove le tenebre hanno preso la forma di una lunga galleria tappezzata di speranze e certezze, dove il nostro cuore ha corso più forte del nostro cervello fino a perdersi in un dedalo di sogni da vivere.
Sono lì con la mia tuta bagnata, steso sulla sabbia bianca, e guardo il nero di un meandro che va, ascolto l’acqua che parla e cerco di carpire il significato delle parole che sussurra con la sua voce, ascolto …
…ascolto questo blues sparato fuori dalle casse dell’autoradio e mi scopro inscatolato tra vetro e lamiera, intrappolato tra camion e auto: a salvarmi ci pensano la chitarra graffiante e la voce acida del vecchio Elmore, che riescono all’improvviso a schiodarmi dal sedile del furgone e scaraventarmi nel cuore della montagna.
Scintilla elettrica per l’acetilene, rivolo di acqua gelida dentro al sottotuta, urlo di “libera” di un compagno, flash che illumina il buio.
Sogno, esplorazione, fango, rombo di cascate, carburo, minestrone, sacchi, corde.
Tutto converge verso giù, verso il buio, travolto da una piena sotterranea, tutto viene trasportato da un unico collettore di energia, rombante, schiumoso, fino ad esplodere nella luce di una cascata…

ciccio

giovedì 13 novembre 2008

Il giessepì presenta: Zona Sismica


ARRIVANO I LEONI!!

No, no, non preoccupatevi!
Non è l’ultimo rigurgito leghista di Bossi, e i Leones presenti in copertina non hanno nulla a che fare con la Repubblica di San Marco!!

Cari hermanos della speleologia padovana, con immenso piacere i vostri “capi” ci danno modo di buttar giù due righe su questo nostro secondo ( e speriamo non ultimo) cd di cover rock!

Anzitutto ci presentiamo, per chi di voi (ahinoi!)ancora non ci conoscesse.
Siamo i “Zona sismica”, gruppo rock delle vallate d’Alpone e d’Illasi nel veronese, e chi scrive è Andrea del gruppo speleo di Montecchia, uno dei quattro strimpellatori.

Ci piace usare il termine “strimpellatori” in onore a Joe Strummer, compianto leader del Clash, dove appunto “strummer” sta per “strimpellatore”.

Non scrivo per parlarvi di speleologia!
A quello pensano le penne esperte, illuminate e sempre ispirate di Ciccio, Armando, Cesco, Cristiano e il resto della ciurma, fratelli di grotta da cui sempre tanto ho da imparare.

Due righe sul rock e in particolare su questo nostro lavoro, partito come al solito quasi per scherzo, che ci ha entusiasmato tanto e del quale siamo contenti!

Il cd nasce per vari motivi.
Avevamo voglia di ri-mettere “nero su bianco” quello che suoniamo, cioè le cover dei nostri rockers preferiti, un po’ per lasciare qualche cosa in più della semplice serata “dal vivo”, travolgente ma passeggera, un po’ per impegnarci in concreto verso gli altri.

Non diciamo di esserci riusciti del tutto, ma abbiamo fatto del nostro meglio!

Il cd è composto da quindici brani, che costituiscono la spina dorsale del nostro repertorio “live”.
Ci trovate dentro le versioni un po’ nostre (non siamo in grado e non vogliamo copiare le canzoni a menadito) di un assaggio rock degli ultimi trent’anni.

Partiamo dai già citati Clash, omaggiamo a modo nostro Mastro Neil Young con due sfuriate elettriche, transitiamo dalla New York sghemba e strabica dei Talking Heads per poi sorvolare gli Appalachi con The Band, troppo bravi anche per Dylan!

Il Menestrello Bob, stavolta manca al nostro appello!
Ma, tra i pimpanti Spin Doctors, un troppo presto dimenticato Jonathan Richman e i sempre selvaggi Steppenwolf, abbiamo pensato di cacciare dentro Davidone Van De Sfroos, sicuramente il più interessante cantautore italiano degli ultimi quindici anni.

Tracce d’Irlanda con una ballata strumentale, inventata dal nostro Lucio, e l’irish-punk dei Pogues anticipano IL brano più famoso dei Traffic, impreziosito dal flauto del nostro fonico che si è divertito a regalarci le sue note!

Non potevano mancare i”Padri” Creedence Clearwater Revival, che abbiamo un po’ incattivito rispetto all’originale!
La conclusione la affidiamo a due pezzi diversi ma carichi di corrente elettrica : i Cranberries nella loro versione più cattiva e un tradizionale ripreso in mano dal Finardi di trent’anni fa!
Il “Signor Padrone” del titolo lo potete sostituire con qualche sottopolitico attualmente al Governo!

E veniamo alla molla che ci ha spinto a dar seguito al precedente cd, uscito quattro anni fa.

E’ sempre la stessa, ed è quel poco che possiamo fare per dare una mano a combattere la distrofia muscolare dei bambini.

Dieci euri per un cd di strimpellatori non sono pochi, e lo sappiamo!
Soprattutto di questi tempi, dove è d’obbligo (ed è anche giusto) scaricare quanta più musica si può da Internet.

Sappiate che il ricavato della vendita andrà a finanziare il Parent Project, ovvero quell’associazione di coraggiosi genitori che si adopera per raccogliere fondi contro il Morbo di Duchenne, una gravissima forma di distrofia muscolare infantile.

Vi chiediamo, quindi, di non masterizzare il cd.
Piuttosto…una copia ve la “regalo” io!

La cosa, purtroppo, ci tocca in prima persona e nel nostro piccolo piccolo sforzo cerchiamo di darci le mani attorno, convinti che comunque non sarà inutile.

Bando alle ciance!
Ringraziamo ancora Armando, Ciccio, Cris, Cesco e tutto il GSP per l’attenzione e per la possibilità di queste righe!

Oh, si intende che il cd si vende alla clausola “Soddisfatti o Rimborsati”!!
Se proprio non vi va giù, rimborseremo in birre e note distorte!

Un abbraccio, un saluto a tutti, un arrivederci in grotta e…KEEP ON ROCKIN’ IN THE FREE WORLD!!
Buon ascolto!

i sismici

mercoledì 12 novembre 2008

Esperienze


Imparare è un'esperienza; tutto il resto è solo informazione. (A.Einstein)
L'esperienza è il nome che diamo ai nostri errori. (O.Wilde)

Una delle cose più vere, fra le molte verità, che Giovanni Badino scrisse nell’ormai mitologico “Tecniche di Grotta” è che, parlando di tecniche speleologiche, ciò che non riusciamo ad apprendere dai libri o dagli insegnamenti dei nostri maestri, ci viene prima o dopo spiegato dalle grotte, attraverso il metodo degli esempi facili facili…..insomma se perduriamo a fare cazzate prima o dopo ci pensa la montagna a suonarcele per bene e a rimetterci sulla buona strada.

Quando ti dicono che prima di entrare in forra bisogna fare sempre una prova di galleggiamento degli zaini,
Quando ti dicono che se vuoi fare il figo e jumpare dovresti avere l’accortezza di lanciare lo zaino fuori dal getto della cascata per evitare che venga inesorabilmente risucchiato sul fondo della pozza,
Quando ti dicono che è meglio avere sempre una maschera o degli occhialini attaccati al collo,
ASCOLTALI
Altrimenti ti ritroverai ad eseguire tentativi inconsulti di recupero del tuo bel sacco (e del prezioso kit boule che ivi giace), spompandoti come non mai in una bella pozza di acqua gelida (andiamo in forra anche se ormai siamo a novembre?), con il sacco che ti saluta immerso nelle acque bianche lontano come la Ferilli del calendario: della serie ti vorrei ti vorrei ma mica ti prendo!

….e guarda che mica sempre c’è uno speleosub a portata di mano che all’ultimo minuto ti salva il culetto ripescando il tutto!
Grazie Sal!

Saluti a tutti,
A

martedì 4 novembre 2008

Polvere


Maledetta la mia memoria! Le mani mi bruciano da impazzire…jumarare per tutto il 131 è una vera pena: mi viene in mente ciò che scrisse Ignazio Piussi circa il dolore alle mani che provò durante la prima invernale alla Solleder. Le piccole ferite che mi sono procurato oggi per terminare quella schifosissima risalita sono ormai piene di residui di catrame: le sento pulsare ogni qualvolta afferro la mia jumar: ci penserò due volte prima di dimenticare i guanti nuovamente.
Oggi io e il mio compare Cristiano abbiamo chiuso il cantiere ai Rami del Mancino, tutti i cavi sono sistemati e le prove luci sul 108 hanno dato risultati strabilianti! La decisione di disporre il grosso del sistema di illuminazione all’imbocco del mancino è stata vincente….ora un altro pezzo di Preta è pronto ad accogliere i suoi facoltosi visitatori; spero solo che quando saranno messi in opera gli ascensori non si abbia un sovraccarico della linea.
Sono ormai a metà del 131 e il mio impianto a led si scarica definitivamente….sono abbondantemente passate le mie otto ore di permanenza in grotta, Cristiano è già uscito da due ore...da quando ha ottenuto un contratto a tempo determinato non fa che utilizzare la sua posizione di privilegiato per sfruttarmi…tra un mese inizierò a fare le uova tanto è il tempo che sono un CoCoCo …alle volte penso che forse era meglio contribuire alle epurazioni, un po’ di giramento di stomaco val bene un posto di lavoro assicurato!
Ormai sono alla dolina di ingresso, posso passare il fraz comodamente illuminato dai neon che occhieggiano dalla strada; poche pedalate e raggiungo il selciato che contorna l’ingresso, sgancio i moschi dal traliccio, recupero la corda e mi avvio verso l'automobile…i duecento metri di statica che mi porto sulle spalle non mi impediscono di salutare con un cenno Il Presidente che occhieggia benevolo da uno dei numerosi cartelloni che costeggiano la strada. Chissà se riuscirò mai a comprare un doppiopetto come il suo, ad essere bello come lui, e le donne…mio dio che figa quella che lo abbraccia!…guardo la cordura sporca e logora che mi veste il torace e torno alla realtà: sono solo un operaio, un perdente. Riempio la mia pandina con l'attrezzatura, Cristiano è dentro al bar che conclude una lunga serie di cicchetti: uscirà ubriaco come ogni sera e toccherà a me guidare. Odio guidare giù dal Corno D’Aquilio…l’asfalto è sempre umido e scivoloso….mi chiedo come faremo questo inverno con i primi turisti….Mi viene quasi nostalgia di quando venivamo in Preta per fare speleologia e la strada era ancora con terra e sassi….e tornando a casa, la sera, la mia panda rossa era tutta sporca di polvere.

Sound: Joy Division, Eternal

Ottobre 2008: le nostre montagne hanno una lunga, nera cicatrice in più.

A

domenica 2 novembre 2008

Memorie del giessepì: Ultima Spiaggia


Imagna 2008. Un simpaticissimo speleo nuorese (di cui – mi spiace- non ricordo il nome) mi dice che ha una mia foto di qualche anno fa da regalarmi. In un primo momento penso che mi stia prendendo in giro: l’allegra combriccola dei nuoresi e sacilesi dello stand gastronomico è famosa per scherzi e giochi. Poi inizio a preoccuparmi pensando a qualche foto compromettente scattata durante i suddetti giochi…ed invece da un sacchetto zeppo di foto dei raduni passati, spunta questa immagine.

Io, Sergio, Monica, Nicoletta assieme a Giovanni di Nuoro, Lorenza e Claudio in secondo piano. Montello 2002, raduno in Veneto a Nervesa della Battaglia, giochiamo in casa e quindi con i gruppi di Valdobbiadene e Feltre ci lanciamo nell’impresa dello stand gastronomico. Grattatetta (o forse era qualcun’altro?) propone di fare uno stand aperto ad oltranza, fino alle ore piccole (una volta molti stand chiudevano ad una certa ora), un’Ultima Spiaggia per offrire conforto agli speleo assetati.
Al raduno partiamo però svantaggiati: gli organizzatori ci piazzano vicino ai nuoresi che sono molto più organizzati di noi avendo alle spalle anni di esperienza, mentre noi pasticciamo clamorosamente. Inizia una scherzosa concorrenza per rubarsi i clienti, e finisce che ci mescoliamo fra noi dietro i banconi e ci sfamiamo e dissetiamo gli uni con gli altri, scambiando piatti di pecora sarda con bigoli al ragù, cannonau con cabernet.
Come sono andati gli affari? Se non ricordo male, siamo andati appena appena in pareggio, è più il vino che abbiamo regalato di quello che abbiamo venduto, però ci siamo divertiti un mondo!

Maui